Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge è diretta a riformare la disciplina dei reati di diffamazione a mezzo stampa. In particolare, essa riproduce il testo unificato atto Camera n. 26-385-539-588-1177-1243-2084-2764-3021-4355-A approvato dalla Camera dei deputati nella XIV legislatura dopo un approfondito esame durato oltre due anni. Rispetto a tale testo, non è stata riprodotta la norma transitoria, in quanto nel frattempo la legge 24 febbraio 2006, n. 85, recante modifiche al codice penale in materia di reati di opinione, ha tradotto in disposizione a regime applicabile a qualsiasi reato il principio secondo cui nei casi in cui vi sia stata condanna a pena detentiva e la legge posteriore preveda esclusivamente la pena pecuniaria, la pena detentiva inflitta si converte immediatamente nella corrispondente pena pecuniaria, che il citato testo unificato prevedeva in via transitoria e in riferimento ai soli reati di diffamazione a mezzo stampa.
      Si tratta di una riforma estremamente importante, perché volta a garantire effettività a diritti di rilevanza costituzionale. Sono anni che si chiede al Parlamento di superare la rigida disciplina attuale che espone il giornalista, spesso in buona fede, ad elevati rischi che possono interferire con la libertà di espressione, di critica e con il diritto di cronaca. Tuttavia, non si è ancora riusciti a dare una risposta adeguata a tale legittima richiesta, in ragione dell'estrema difficoltà che si incontra nel contemperare tale esigenza con quella, sicuramente non meno rilevante, di assicurare sempre e comunque un'effettiva tutela dell'onere delle persone offese dalla notizia o dal giudizio diffamatorio. Il citato testo unificato approvato dalla Camera dei deputati nella scorsa legislatura trova un giusto equilibrio tra le

 

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due contrapposte esigenze di garantire la libertà di stampa e, nello stesso tempo, di non fare venir meno le garanzie dei cittadini. Da un lato, infatti, si è abolita la pena detentiva che spesso ha colpito, in maniera del tutto casuale, l'autore di un reato di questo tipo e si è previsto un tetto massimo per il risarcimento, in via equitativa, del danno non patrimoniale. Dall'altro lato, è stato dato un maggiore peso alla rettifica e si è prevista l'interdizione fino a sei mesi dalla professione solo per coloro che sono stati già condannati per il reato di diffamazione e che, quindi, è da ritenere che non si trovino in una condizione di buona fede. È bene sottolineare che non si proceduto a una depenalizzazione del reato di diffamazione a mezzo stampa, ma solo a eliminare la previsione della pena detentiva.
      L'articolo 1 della presente proposta di legge interviene sulla legge sulla stampa, legge n. 47 del 1948, specificando che essa si applica anche ai siti INTERNET aventi natura editoriale, ampliando l'ambito applicativo dell'istituto della rettifica, prevedendolo anche per la stampa non periodica, come, per esempio, i libri, riformulando il reato di diffamazione a mezzo stampa per fatto determinato e disciplinando il risarcimento del danno.
      L'articolo 2 interviene sul codice penale, modificando il regime dei delitti contro l'onore, l'ingiuria, la diffamazione e la diffamazione a mezzo stampa, in maniera coerente rispetto alle scelte effettuate per il delitto di diffamazione a mezzo stampa per fatto determinato.
      Si modifica, inoltre, il codice di procedura penale (articolo 3), prevedendo la sanzione pecuniaria in caso di querela temeraria. Si tratta di una norma che potrebbe sembrare ultronea rispetto al contenuto della proposta di legge, ma che in realtà è strettamente connessa alla ratio del provvedimento. Infatti, essa è volta a ridurre il rischio di querele presentate solamente come forma di pressione psicologica in vista di un risarcimento civile, fenomeno che vede proprio i giornalisti come le principali vittime.
      Tornando alle disposizioni penali del testo, queste in primo luogo eliminano le pene detentive per i reati di diffamazione a mezzo stampa. È bene ricordare che, con l'attribuzione di competenze penali al giudice di pace, si è di fatto esclusa la pena detentiva per i diritti di ingiuria e di diffamazione semplice e che, comunque, al fine di evitare disparità di trattamento, sono state graduate anche le pene pecuniarie relative a questi ultimi delitti, tenendo conto del grado di lesione del bene giuridico dell'onore che da essi deriva. Si segnala, infatti, che la riforma delle competenze del giudice di pace ha determinato un'incongrua parificazione delle pene pecuniarie previste per i delitti di ingiuria e di diffamazione semplice. Si è ritenuto, invece, di punire più pesantemente il giornalista recidivo, in quanto la reiterazione del reato porta ad escludere la buona fede dell'autore. Anche in questo caso, tuttavia, si è voluta escludere la pena detentiva, prevedendo la pena accessoria - già prevista dal codice penale in via generale - dell'interdizione temporanea dalla professione per un massimo di sei mesi.
      Altro punto qualificante della riforma è la disposizione che conferisce all'adempimento o alla richiesta di rettifica da parte del diffamato la natura di causa di esclusione della punibilità. A tale proposito è da chiarire che la rettifica rimane uno strumento a tutela della parte offesa, alla quale è lasciata la libera scelta di utilizzarla o meno.
      Si è poi ritenuto opportuno limitare quantitativamente l'entità massima del risarcimento del danno non patrimoniale, qualora questo debba essere liquidato in via equitativa, al fine di ridurre l'eccessiva discrezionalità del magistrato nel determinare la somma da risarcire nei casi in cui non sia possibile utilizzare parametri oggettivi.
      La disposizione che riduce a un anno il termine della prescrizione dell'azione civile ha la propria ratio nella funzione stessa del risarcimento dei danni derivanti dalla diffamazione a mezzo stampa. Si tratta, infatti, di situazioni nelle quali il pregiudizio perde di intensità con il passare del tempo.
 

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